L’illuminismo francese si prefisse lo scopo di riportare gli istinti alla ragione e tra i grandi pensatori di questo periodo, si distinse l’opera di Jean Jacques Rousseau che pur ottenendo gli stessi risultati dei suoi colleghi, invertì l’ordine cercando di riportare la ragione agli istinti. L’illuminismo, in generale, aveva saputo riconoscere i limiti della ragione umana dando spazio anche agli istinti e alle passioni naturali dell’uomo ma aveva tuttavia posto nella ragione la vera natura umana. In realtà Rousseau sembrò invertirne l’ordine in quanto riconobbe che la vera natura dell’uomo non è la ragione ma l’istinto, l’impulso, la spontaneità ed il sentimento. Come dargli torto? Cosa avrebbe pensato Rousseau della nostra attuale società artificiosa che limita o addirittura distrugge la spontaneità della vita umana? Il motivo dominante dell’opera del grande filosofo francese fu infatti il contrasto tra l’uomo naturale e l’uomo artificiale, riconoscendo in quest’ultimo gran parte delle colpe dell’infelicità dell’umanità. I beni che l’uomo pensa di aver acquisito, la stessa cultura, l’arte e la vita raffinata di città lo hanno allontanato sempre più dalle sue origini ed estraniato dalla sua vera natura, rendendolo infelice e poco virtuoso.
In un passo del suo “Discours sur l’inegalitè” egli ben descrive la rovina dello stato di natura:
“Edotto dall’esperienza che l’amore per il proprio benessere è il solo movente delle azioni umane, l’uomo si trovò in condizione di distinguere le rare occasioni in cui l’interesse comune doveva permettergli di contare sull’aiuto dei suoi simili, e quelle ancora più rare in cui la concorrenza doveva farlo diffidare di loro. Nel primo caso, si univa a loro in branchi, o al massimo in qualche forma di libera associazione, che non impegnava nessuno, e durava quanto il bisogno passeggero che l’aveva prodotta; nel secondo caso, ciascuno cercava di avvantaggiarsi, sia apertamente con la forza, se lo credeva possibile, sia con l’abilità e l’astuzia, se si sentiva il più debole. Ecco come gli uomini poterono acquistare man mano qualche idea grossolana dei reciproci impegni e del vantaggio di adempierli, ma solamente nella misura in cui poteva essere richiesto da un interesse presente e concreto; infatti in loro non esisteva previdenza; e non solo non si preoccupavano di un avvenire lontano, ma non pensavano neppure all’indomani. Se si trattava di prendere un cervo, ognuno capiva che doveva per questo restare fedelmente al proprio posto; ma se una lepre passava a portata di uno di loro, non c’è da dubitare ch’egli la inseguisse senza scrupoli, e che, una volta raggiunta la preda, si preoccupasse pochissimo di far perdere la loro ai suoi compagni…
…Finchè gli uomini si accontentarono delle loro rustiche capanne, finchè si limitarono a cucirsi gli abiti di pelli con spine e legacci, ad ornarsi di piume e di conchiglie, a dipingersi il corpo con vari colori, a perfezionare o abbellire i loro archi e le loro frecce, a costruirsi con pietre acuminate le loro barche da pesca o qualche rudimentale strumento musicale; finchè insomma si dedicarono a lavori che un uomo poteva eseguire da solo e ad arti che non richiedevano il concorso di parecchie mani, vissero liberi, sani, buoni e felici, per quanto stava nella loro natura e continuarono a godere tra loro la dolcezza di rapporti indipendenti”.
Nell’”Emilio”, opera nella quale Rousseau chiarisce il “ritorno alla natura”
per l’individuo, punta il dito sull’educazione che opprime e distrugge con una
soprastruttura artificiale la natura originaria dell’uomo e studia un modello
di educazione che si proponga come unico fine il rafforzamento di tale natura.
Emilio è un fanciullo al quale non viene insegnata nè la verità nè la virtù in
maniera tale che lo sviluppo fisico e spirituale del bambino avvenga in modo
del tutto spontaneo attraverso l’uso dei sensi che purtroppo, nell’educazione
tradizional-artificiale, si dimenticano o si trascurano del tutto.
Ovvio che ai nostri tempi un simile modello può sembrare pura utopia però, come
già avevamo evidenziato in altri interventi, l’uomo può avvicinarsi
notevolmente allo stato di natura che gli permetterebbe di allontanarsi progressivamente
dalla società artificiale della quale è ostaggio. Artificiale, costruito e
preconfezionato è anche il concetto di natura partorito dalla stessa società
artificiale che pretende il contatto con essa senza neppure sapere cos’è! I
parchi sono artificiali tanto quanto gli zoo, ed artificiali lo stanno per
diventare anche gli animali che lo popolano fintantochè saranno gestiti da
uomini artificiali il cui loro scopo è quello di attirare le visite di altri
uomini artificiali.
In quel contrasto tra l’uomo naturale e l’uomo artificiale così ben descritto
da Rousseau, i fruitori della natura hanno lo scopo di mantenere ancora vivo
quel legame con la terra che sembrerebbe risultare fondamentale per lo sviluppo
fisico e spirituale dell’uomo. Quanta banalità nelle affermazioni di certi
uomini artificiali che ritengono inutile la caccia per il non bisogno dell’uomo
moderno di procurarsi il cibo quando invece, noi cacciatori, sappiamo benissimo
che la ricerca è di ben altra natura. La caccia è una di quelle attività
naturali che favorisce l’apprendimento dell’uomo, trasformando i dati sensibili
in conoscenze intellettuali ed il tutto, appunto, attraverso la natura; proprio
come nel modello di apprendimento descritto nell’”Emilio” di Rousseau.