Il cappello di paglia - discorsi rurali sotto il portico (quando i vecchi oggetti ci parlano)
- ciao nonno, siediti qui vicino a me. Non ci vediamo da 40 anni. Come vedi sono invecchiato anch’io. Tu sei sempre uguale...lo stesso cappello di paglia e la stessa camicia di quando ti portammo in ospedale per l’ultima volta.
- ciao Massimo. Si, sono sempre uguale ai tuoi occhi perché di la non c’è una briciola di ciò che può avere valore sulla terra. Neppure il nostro corpo.
- senti nonno, sono troppo curioso...Dio esiste?
- se nella tua vita ci credi si, altrimenti no...l’aldilà è quello che pensi tu ora. Dimmi piuttosto, sono cambiate molte cose in 40 anni? Hai una bella casa, non come quella che c’era prima...c’è ancora il bagno di canne all’aperto vicino al letamaio?
- no nonno, non c’è più nulla. Abbiamo comfort di tutti i tipi, da mangiare abbondantemente e la gente è super impegnata...non si ferma mai.
- cos’è quella scatola illuminata che tieni in mano?
- si chiama smartphone nonno...è una specie di telefono che ti permette di comunicare con gli altri.
- ah si conosco Massimo. Ce l’avevano anche quei maledetti tedeschi nel 44 che andavano a dormire con gli scarponi sotto la testa. Siete fortunati a vivere in questo tempo dove non manca nulla.
- no nonno, qualcosa manca. Ti ricordi che in questo periodo mi portavi a raccogliere il fieno? Non ha più lo stesso odore. Ti ricordi che andavamo a pesca di rane e di lucci nel fiume qua dietro dove scorreva un’acqua cristallina? Non ci sono più i lucci e le rane, non c’è più neppure il fiume perché è diventato una latrina.
- e cosa manca allora Massimo?
- la semplicità nonno, forse quella magica semplicità.
- beh Massimo, devo andare ora.
- ciao nonno, salutami la nonna. Un’ultima cosa, mi lasci quel cappello di paglia?
- ce l’hai già Massimo, non ricordi?
Scusatemi, mi ero un attimo assopito sulla sedia visto che stasera l’aria è più fresca. Bevo un goccio, fumo una sigaretta e vado a letto.
Massimo Zaratin
