Mio nonno materno Enrico Pacioni, noto ‘Richetto de cattone” o “Richetto ju ricciu”, classe 1930, non era proprio lo stereotipo delle pari opportunità o dell’inclusivitá femminile, questo anche avendo frequentazioni socialdemocratiche nel “sole nascente”; molto più semplicemente era solo un figlio del suo tempo.
Vederlo quindi indaffarato in faccende domestiche, considerate prettamente femminili, non era proprio abituale.
Eppure c’era una tradizione familiare, un rito, una consuetudine che sovvertiva questi presupposti:
Cucinare il coniglio!
Di mattino presto si scendeva nelle stalle, “ju stirigliu”, dove tenevamo gli animali, nonno prendeva un coniglio (o due a seconda) dalla gabbia provvedendo a sacrificarlo, scuoiarlo ed eviscerarlo. Poi lo metteva per un bel po’ di tempo sotto l’acqua corrente.
Dopodiché iniziava la ricetta:
Padella di ferro, olio di casa, aglio e peperoncino dell’orto a soffriggere; si aggiungeva il coniglio in pezzi lo si lasciava rosolare per poi sfumare con un bicchiere di vino. La cottura proseguiva lentamente a fuoco basso.
Nel frattempo nonno prendeva il mortaio, metteva dentro aglio, rosmarino e pestava il tutto aggiungendo alla fine un po’ di aceto. Poco prima che terminasse la cottura univa questo pesto, lasciava evaporare l’aceto ed il coniglio, per me, “più buono del mondo” era pronto. Tenero e saporito, ben rosolato e in alcune parti quasi croccante e, soprattutto, con il suo intingolo nel quale poter affogare, con piena goduria dei sensi, il pane della nonna!
Non ho mai capito perché questo piatto fosse cucinato esclusivamente da nonno, non ho mai indagato a fondo…
Resta il fatto che è vero quando si dice che “nessuno muore finchè vive nel cuore di chi resta” ed è forse per questo che oggi, avendo a disposizione un ottimo coniglio casereccio, ho provato la ricetta del nonno!
Al primo boccone si è aperta la porta spazio temporale e mi son sentito il bambino che ero:
curioso attorno a quel nonno “inconsueto” che armeggiava ai fornelli ed entusiasta, subito dopo, seduto alla tavola della domenica con tutta la famiglia.
G. Milana
