Lettera di un contadino ad un animalista

Ti ho incontrato domenica pomeriggio mentre passeggiavi vestito a festa nella mia terra. Stavo segando l’erba per i conigli, ti sei avvicinato sicuro e spavaldo che mi hai ricordato il proprietario del fondo prima che lo acquistassi dopo anni di sacrifici. Ti sei incuriosito perché non avevi mai visto un contadino segare l’erba con la falce come una volta; lo avevi visto solo in TV o in qualche foto… in città usano quella a motore o qualcosa del genere, mi hai detto. Mi hai chiesto perché segassi l’erba visto che eravamo in aperta campagna e non in un giardino da abbellire e da far vedere. La sego per i miei conigli, dissi, ma il tuo viso si è subito rattristato, all’inizio, poi è diventato minaccioso. Hai alzato la voce interrompendo il silenzio della campagna, chiedendomi se poi i conigli li avrei uccisi e mangiati. Non dovrei? Ti risposi! Mi hai parlato allora di rispetto per tutti gli esseri viventi, sempre a voce alta che non avevo mai sentito, e mi infastidiva la tua voce, mi disturbava tutto quel gran chiasso che io non avevo mai osato e sentito in quel luogo dove sono nato e cresciuto. Mi hai parlato di etica e che tu eri li per insegnarmi a vivere meglio, per un mondo migliore, che io, in tanti anni, non avevo capito niente, ero solo un povero contadino. Ancora adesso mi chiedo cosa avrei sbagliato…mi chiedo cosa tu, poco più che ventenne, possa aver imparato di così importante stando in quella città che da quando è diventata ancora più grande ha fatto cambiare anche i fiumi che bagnano la mia campagna. Arrivi da un luogo che ha inquinato anche la mia vita e dici che quello che sbaglia sono io, che tu sei eticamente superiore, che rispetti tutti…io, secondo te, non l’ho mai fatto, ho vissuto in maniera sbagliata.

Per fortuna te nei sei andato subito.

La prossima volta che sei ospite nella mia campagna, entraci in punta di piedi e soprattutto, non gridare, disturbi i suoi abitanti, animali compresi.

Giuseppe, 83 anni – Toscana