Oggi è il 18 agosto. Quando presi la licenza di caccia nel 1984, per me questo giorno era sacro, il primo, il migliore. C'era la preapertura alle anatre. Non avevo ancora una barca, mio padre non ce l'aveva più da molti anni quindi ci avvicinavamo via terra a quelli che consideravo all'epoca degli dei...gli eletti che potevano fare il 18 agosto in laguna, dalla loro barca e che magari avevano preso il posto ancora nel mese di luglio. Ma non importa perché quelle preaperture piene di zanzare e tante promesse, rimarranno le migliori della mia vita, quelle in cui non dormivi la notte da ormai una settimana. Partivamo con la Simca 1000 di mio padre da Mestre alle 11 della sera per andarci a prendere il posto in Codetta a Jesolo, un lembo di terra tra una valle da caccia ed un'altra in cui poi all'alba sarebbero transitate le anatre...a distanze proibitive. Il miglior momento era la notte, l'attesa, le boccette di autan della montedison per le zanzare e poi, e poi sentire quella musica delle discoteche di Jesolo e pensare: ragazzi, non sapete quale spettacolo vi state perdendo, altro che la vita notturna sballata.
In tanti anni di queste preaperture non abbiamo mai preso niente. Ma la caccia è così...non ha nessuna rilevanza quel che prendi ma come vivi i momenti...e quelli, in attesa dell'alba, erano i migliori .
Massimo Zaratin
Ci fu un tempo che profumava di concia, di mentuccia, dell'odore acre della polvere da sparo. Sentori intrappolati nella rorida aria del mattino.
Scarponi pesanti, retaggio di anni passati alla naia.
Pantaloni unti e logori, vissuti. Di giornate trascorse a leggere tracce. Nel folto del bosco, dove dei rovi portano i segni.
Unghie sporche. Di sangue e fango, che è difficile da venir via.
Il vento porta via le piume dalla bisaccia e le disperde nel campo.
Echi di spari.
Il dolce rumore del risveglio.
Antonio Calvano
Significa avere una missione: ridare il giusto valore all’attività venatoria, nel rispetto della natura, in armonia con ecosistemi ed ambiente, grazie anche ai saperi di cui sono custodi cacciatori, territori e tradizioni locali.
Non giudico, non impongo, non pretendo nemmeno di essere compreso fino in fondo.
Penso che le cose siano più piacevoli quando ci si muova lentamente, riuscendo ad apprezzare maggiormente un paesaggio, appagando i sensi con odori, colori e sapori.
Non vivo l’andare a caccia come la frenetica ricerca di un carniere, ma come la lenta ricerca di ciò che appaga il mio errare nella natura come fruitore attento di una risorsa preziosa, genuina e di qualità.
La cosa veramente importante non è solo prendere qualcosa ma essere lì a cercarla.
Non è violenza se si è capaci di accontentarsi, prelevando solo quello che ci spetta, la nostra parte che mai sarà rifiuto e mai dovrà essere ingorda o eccessiva conquista.
Credo fermamente in una caccia fatta del rispetto dei tempi naturali, della sostenibilità, dell'ambiente, della salute dei cacciatori e come fruizione di una risorsa rinnovabile, la selvaggina (fauna), che ne rappresentano la massima espressione qualitativa.
Essere uno “Slow Hunter” significa avere come obiettivo la difesa dell’attività venatoria intesa come un piacere, nel rispetto della sostenibilità, riscoprendone e custodendone le tradizioni legate ai territori nell'ottica della loro tutela e, al contempo, di quella della biodiversità.
Raccogliere i frutti della terra senza impoverirla: questo dovrebbe essere il motto di ogni vero “Slow Hunter”.
Giuliano Milana