"Penetriamo in profondità nei solchi millenari tracciati dal vomere del pensiero rurale"

FILOSOFIA RURALE TEORICA

Premessa - La filosofia rurale nasce nel 2016 dall’esigenza di alcuni pensatori di comunicare il significato più profondo, filosofico e spirituale di uomini semplici. Attraverso questo sito che costituisce anche un laboratorio di idee e di pensieri aperto a tutti, diamo voce agli uomini dei boschi, delle montagne, dei mari, a tutte quelle persone umili che lavorano la terra, amano gli animali, li curano, li allevano ed a coloro che vivono la natura all’interno di essa, per essa, anche quale forma di bisogno spirituale.

La nostra scuola sono le semplici azioni quotidiane a contatto con la terra, l’acqua, il cielo; è l’essere e non l’apparire, è il desiderio di qualcosa che non si può acquistare con il denaro. E’ anche il bisogno di solitudine e di ricerca che si può trovare a volte lontano dall’uomo e dalle sue opere che alimentano sempre più quel mostro sociale che tutto divora.

Filosofia rurale è pratica, non solo teoria. Noi siamo sporchi di natura, è la realtà che ci si presenta davanti agli occhi ad ogni istante della nostra esistenza. E’ il sapersi riconoscere nell’acqua di un fiume libera di scorrere tra le rocce, negli occhi dell’animale che fugge o che ti avvicina, nel grano che si coltiva e che vedi crescere di giorno in giorno, nella potenza dell’albero che cade sotto i colpi dell’ascia ma anche in quella della piantina che buca la terra ed innalzandosi al cielo cresce più verde, quasi a dirti “sono qui ancora, più forte di prima”.

Nell’antica Grecia, alla nascita della filosofia occidentale, le scuole non riunivano gli adepti solo per un insegnamento classico ma raggruppavano in una “vita comune” tutte le persone legate da pensieri e stili di vita simili, in uno scambio continuo di riflessioni, dubbi, ricerche. Filosofia rurale persegue lo scopo di far conoscere il pensiero di uomini che sono ancora legati alla terra, del perché lo fanno e ne hanno bisogno, contro la filosofia del nulla nata nelle città, delle apparenze, del vuoto esistenziale che attanaglia in un vortice senza fine una civiltà che per non morire dovrà riappropriarsi degli spazi scippati da un avido consumismo senza limiti.

Filosofia rurale non è un rifugio nel passato ma un lungo balzo in avanti per saltare quel dirupo al di sopra del quale giace in equilibrio un uomo privato ormai delle sue radici vitali.


1. Le scuole filosofiche ed il tema della natura

La filosofia rurale si inserisce nel contesto della filosofia della natura. Da un punto di vista storico, prima della netta divisione di questo termine con il nascere della scienza moderna, la filosofia della natura coincideva con lo studio della fisica, quindi l’osservazione attraverso l’esperienza, la successiva riflessione filosofica, l’eventuale scoperta. Lo studio dei fenomeni della natura significava anche osservazione ed intuizione metafisica. E’ solo dopo Newton, Cartesio e Galileo che si sente l’esigenza di una netta separazione tra la scienza pura e lo studio della natura che verrà vista e valutata sotto un’altra ottica. Possiamo quindi affermare che quello che si è sviluppato successivamente in termini scientifici, deriva dalla filosofia naturale. Gli indirizzi della filosofia della natura sono sostanzialmente due: quella meccanicistica, secondo la quale l’organismo è un aggregato di atomi assemblati tra loro e quella neoplatonica (o platonica) che raggruppa tutta la natura ad un organismo vivente con un risultato di parti combinate assieme, pur restando uno solo. La questione che la natura non sia solo una semplice combinazione di atomi ma venga regolata da qualcosa di superiore, ciò che Platone definisce “l’Anima del mondo”, è seguita anche dallo stoicismo. Con Aristotele vengono individuate quattro cause responsabili dei mutamenti della natura: la “causa finale”, la più importante, prevede una intenzionalità della natura stessa ed è lo scopo per il quale una certa realtà esiste. Con Plotino inizia un’epoca neoplatonica che durerà fino al Rinascimento. Plotino afferma l’idea che l’intelletto deriva dall’”Uno” ed proprio quell’Uno che genera in maniera né voluta né intenzionale, ma inconsapevole. Con i rituali magici e pagani del Medioevo, la natura viene analizzata in rapporto al sovrannaturale anche come luogo di presenze oscure e maligne, idee poi riadattate nel tempo dal Cristianesimo i cui ferrei dogmi furono abbandonati con l’epoca rinascimentale. E’ in questo periodo che i filosofi vedono nell’evoluzione della natura un’intelligenza già preesistente della stessa. Successivamente, con il Rinascimento, viene un po’ abbandonata la corrente meccanicistica per un ritorno all’esoterismo. Goethe vede la natura come “veste vivente della divinità” in cui prevalgono due forze: una concentrata in un’entità individuale (sistole) e l’altra quale espansione illimitata (diastole) la cui osservazione attiva può svelare i segreti che essa ancora custodisce. Ai giorni nostri sta ritornando la necessità di riprendere una riflessione filosofica sulla natura le cui basi siano fondate sulle attuali concezioni scientifiche.

Parlando di filosofia rurale si rende necessario citare anche la corrente filosofica del trascendentalismo, movimento sviluppatosi nel Nord America all’inizio dell’ottocento. Esso fonda le sue basi sul “trascendentale kantiano” per una esaltazione dell’individuo nei rapporti con la società e la natura, riconducendosi alla filosofia romantica. Tra i maggiori filosofi trascendentali si devono citare Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson.

Ai giorni nostri, filosofia rurale ha anche un indirizzo pragmatico. L’attività pratica che agisce sulla realtà si pone davanti le attività speculative. Qualsiasi verità, o validità di una teoria deve essere affidata alla sua verifica pratica, prediligendo la concretezza rispetto la teoria o alle ideologie utopistiche. 


2. La società contemporanea

La società sta cambiando? La società è già cambiata!

Quel che preoccupa è la velocità cui intervengo i cambiamenti che travolgono in poco tempo usanze, costumi, tradizioni e di conseguenza anche la visione sull’esistenza della vita. Quel che accadeva prima in un secolo, succede ora in pochi anni.

Secondo l’orientamento della sociologia, l’attuale società ha tre direttrici fondamentali:

1. L’umanità si sta interconnettendo attraverso dei rapporti che si stanno progressivamente espandendo all’intero pianeta

2. L’evoluzione cui ha portato la tecnologia ha in pochi anni trasformato la nostra vita quotidiana e rappresenta una novità assoluta nella storia dell’uomo

3. Le trasformazioni, sia antropologiche che ecologiche dovute all’interconnessione di fattori sociali, economici, tecnologici sono di una portata e di una grandezza senza precedenti.

Sono positivi questi rapidi cambiamenti? E’ indubbio che le attuali trasformazioni della nostra società saranno irreversibili. Sono cambiate le paure dell’uomo. All’inizio del secolo scorso l’uomo era attanagliato da pensieri protesi al sostentamento, alle malattie che falcidiavano nuove generazioni ed alle guerre che si combattevano in maniera completamente diversa da come si combattono ora. Positivi sono stati i cambiamenti per quanto concerne la scoperta scientifica, il debellamento di malattie in età giovanile che sembravano incurabili, sconfitta la paura della fame, quantomeno per una vasta parte del pianeta. Si è orientati a pensare che la diffusione del benessere in molti paesi, sviluppi forme più civili di convivenza umana. In questo vortice di cambiamenti si rende necessario distinguere due tipi di società. Ronald Inglehart, politologo e sociologo statunitense, direttore del Word Values Survey, osservatorio sullo stato dei valori politici, religiosi, morali e socioculturali distingue il materialismo dal post-materialismo. Quest’ultimo auspica un cambiamento di rotta del consumismo ed una maggior attenzione ai valori della tradizione, in particolare quella spirituale, che è venuta a mancare nell’attuale società. A tal proposito Inglehart suddivide la società in due gruppi. Al Gruppo 1 appartengono i materialisti, cioè persone che vorrebbero:

1. Mantenere in ordine il Paese

2. Lottare contro la crescita dei prezzi (inflazione)

3. Mantenere un'economia stabile

4. Lottare contro la delinquenza

5. Mantenere un alto tasso di crescita economica

6. Mantenere una forza armata potente

Al gruppo 2 i post-materialisti, cioè persone che vorrebbero:

1. Dare al popolo la massima possibilità di partecipare alle decisioni che concernono il lavoro e la comunità

2. Dare al popolo le massime opportunità per partecipare alle decisioni politiche importanti

3. Proteggere la libertà di espressione

4. Cercare di rendere le città e i campi attraenti

5. Rendere la società più umana e meno impersonale

6. Progredire verso una società in cui le idee siano più importanti del denaro

Noi di filosofia rurale ci riconosciamo nello studio del sociologo Inglehart e vorremmo focalizzare il nostro dibattito sul Gruppo 2, i post materialisti. Ecco come…  


La filosofia rurale

Dopo le dovute premesse, l’analisi del contesto in cui si inserisce la filosofia rurale ed aver individuato le due categorie che suddividono la società in “materialista” e “post-materialista”, cerchiamo di spiegare i concetti, le idee ed i pensieri che stanno alla base dei nostri ragionamenti.

Ci orientiamo nel post-materialismo in quanto la società descritta da Inglehart, appartenente al Gruppo 1 del materialismo, la dobbiamo ritenere conosciuta e sorpassata, almeno in senso rappresentativo. Se qualcosa di nuovo arriverà per l’uomo non potrà quindi che andare nella direzione del post-materialismo ove sembrerebbe che alcuni valori di riferimento, essenziali e fondamentali in questo momento e per questo tipo di società, andranno ad occupare un posto meno importante nella scaletta delle priorità dell’uomo moderno.Oggi, tutto gira attorno all’economia, all’utile, al profitto. E’ una corsa continua contro il tempo in cui l’uomo arriva a non rendersi nemmeno conto di essere una pedina di un sistema che lui stesso costruisce e rappresenta. E’ lui, l’uomo, anche se solo pedina, quel “mostro sociale” che il filosofo H. D. Thoreau additava quale responsabile del disgregamento dei valori della nostra società.

Dobbiamo peraltro riconoscere che il materialismo ha portato ad una qualità di vita, sotto qualsiasi punto di vista, che se paragonata a quella dei secoli scorsi è indubbiamente migliore. Era naturale però che strada facendo perdessimo qualcosa, e quel qualcosa che abbiamo perso, secondo noi, non è assolutamente secondario al resto, anche perché non è detto che l’una escluda l’altra. Consapevoli quindi che le trasformazioni del materialismo, con le scoperte scientifiche, il livello di benessere raggiunto, la vittoria dell’uomo su paure che un tempo occupavano pienamente i suoi pensieri siano state positive, ci chiediamo come sarà l’uomo del post-materialismo che deriva da una società che per molti anni ha convissuto troppo lontano dalla natura, dai valori che trasmetteva e da quel legame generazionale fatto anche di tradizioni. C’è il rischio che l’uomo post-materialista sia anche peggio del materialista e finisca per distruggere quanto in parte è già stato distrutto. La mancanza di un contatto con la parte più semplice della natura, intendendolo anche quale visione dell’esistenza in generale, ha “costruito” uomini che vivono in una realtà parallela e per nulla corrispondente all’”animalità” che è essenza costitutiva del nostro essere. Abbiamo creato uomini che sono arrivati a rinnegare se stessi e vivono in una dimensione staccata dal resto delle altre forme viventi, sicuri e troppo fiduciosi della loro tecnologia raggiunta. Un “superuomo” che non abbisogna di spiritualità e che a tratti pare sostituirsi a Dio nell’intento di costruire un uomo ancor migliore.

Un uomo, per noi, vuoto e privato della sua più intima essenza!

Ci è sfuggita l’importanza di quel “ritorno alla natura” ben descritto da J.J. Rousseau perché è proprio attraverso essa, la natura, più che nei rapporti con gli altri uomini, che si sviluppa la visione dell’esistenza in generale, dei nostri rapporti con la vita e con la morte, per poi restituirli positivamente agli altri uomini e tramandarli alle future generazioni. Quest’uomo ha bisogno di fare e di provare, non solo di ideologizzare, lasciandosi trasportare dai ritmi e dalle leggi della natura, senza la pretesa di cambiare quello che mai potrà cambiare. E’ doveroso uno sguardo al passato ed agli aspetti più semplici e rurali di un tempo perché senza questa ricerca l’uomo non potrà mai penetrare in natura, e quindi anche dentro se stesso. Il ciclo della vita è fatto anche di morte, di prede e predatori, di rispetto per quello che in realtà si è!

Si parla sempre più spesso di un ritorno al “naturale” che per Rousseau consisteva nel dare spazio a quell’insieme di facoltà umane ed intellettive proprie dello stato originario dell’uomo, puntualmente corrotte nella società contemporanea da civiltà e cultura. Come, però, l’uomo del post-materialismo si sta avvicinando a questo stato di natura? Per noi, purtroppo, non si sta affatto avvicinando, anzi, ha preso la direzione completamente opposta. C’è la convinzione che il rispetto e l’avvicinamento alla natura debba avvenire attraverso ideologie new age e filosofie ambientali completamente avulse dal ciclo della natura, in cui l’uomo è presente come contemplatore e spettatore, anziché come attore principale di un tempo.

Questo è uomo che appare, non un uomo che è!

Le filosofie che supportano questo avvicinamento sono nate nelle città, l’ambientalismo pure! L’ecologia profonda e radicale, la filosofia animalista, il vegetarianesimo come stile di vita e modello etico, l’antispecismo, l’ambientalismo tradizionale associazionistico, il turismo ecologico di massa dei parchi stanno alla base di un “avvicinamento alla natura” così come viene erroneamente inteso oggi; un sentimento che parrebbe mancare all’uomo materialista e che permea invece l’animo del post-materialista. Un avvicinamento alla natura, alla terra, alla sua salvaguardia che in tutti i casi sopracitati esclude categoricamente gran parte di attività rurali, se non tutte, che svolgeva l’uomo, andando quindi nella direzione opposta a quanto si intende per “ritorno alla natura”. Per noi è necessario che questo ritorno sia invece basato sul “fare” di un tempo. L’uomo ha bisogno di inserirsi nel contesto della natura attraverso le attività che gli sono sempre appartenute, coltivando la terra, raccogliendo i frutti che essa ci offre, procurandosi il cibo secondo piani di prelievo rispettosi dell’ambiente in cui vive. Solo in questo modo, ritornando più animale tra gli animali, l’uomo potrà riappropriarsi del suo più intimo sé, della sua semplicità, della sua spiritualità interiore e potrà sviluppare una nuova coscienza che lo guiderà sulla strada dell’evoluzione più naturale possibile e non artefatta dalle sue stesse opere.


FILOSOFIA RURALE PRATICA