L'uomo ed il cane - Pensieri di caccia serali

E’ quasi notte, stanco dormirò nell’attesa dell’alba di domani.

Nei momenti più tranquilli, specie di sera, mi capita spesso di intrattenere i pensieri sul mio fedele ed inseparabile compagno di caccia. Chissà cosa pensa, chissà se le emozioni che provo io e che accompagnano l’attesa dei nostri sonni sono le stesse. Appartiene ad una altra specie il mio compagno di caccia; modi differenti di muoversi: uno più lento a due zampe, l’altro più veloce a quattro. Una coda che scodinzola ed un fiuto che l’istinto ha reso preciso e sicuro, l’altro più pacato, lento, ragionevole. Le emozioni che viviamo a caccia sembrano però proprio le stesse. Percepisco il battito veloce del suo cuore quando è in prossimità della preda, ha lo stesso ritmo del mio. In questi momenti poi, la paura di non riuscire a prendere il cacciato in bocca o tra le mani, obnubila qualsiasi altro pensiero. Una paura però che si trasforma in dolce emozione. Si rimane concentrati sull’obiettivo mentre tutto d’intorno il quadro perfetto della natura si riflette sulla mente e si fissa nei pensieri per sempre. La caccia ha il potere di mettere a nudo la nostra esistenza, di darle un senso e di capirla anche nei momenti in cui sembra cosi diversa per gli attori che vi partecipano. Una scena di caccia riassume molto brevemente chi siamo. Prevede uno sfondo naturale, terreni, laghi, fiumi e praterie il meno possibile cambiati nel corso dei secoli ed un rapporto con l’ambiente rispettoso, cosi come doveva essere per i nostri antenati. Il bello della caccia è l’intesa con il compagno che appartiene ad una specie diversa. E’ durante lo svago della caccia, la più antica delle pratiche “ragionate” che cadono le barriere tra animale ed animale, tra la vita e la morte. Quello che avviene ancora oggi tra i compagni di caccia, animali diversi, rappresenta un aiuto reciproco che non ha altri paragoni. Senza uno dei due, quella caccia non sarebbe possibile; se uno è stanco, anche l’altro deve rispettarlo e smettere. Ecco la naturalità di questa ancestrale passione: nessuna differenza con il compagno animale ma consapevolezza che stiamo vivendo lo stesso tempo e che all’interno del cerchio della vita ci siamo entrambi, in quel momento, con le stesse aspettative, le stesse emozioni e paure, le stesse debolezze e sofferenze, a goderci quanto ci spetta, a capire più profondamente cosa significa vivere e morire. Essere qui in questa vita, con queste caratteristiche, non è stata una nostra scelta ed anche la preda lo sa, e forse, nel momento in cui si sente braccata, lo sa molto più di noi. Lei non può permettersi la paura perché i suoi riflessi devono rimanere attenti e svegli per la fuga. Una normale condizione che la vede “preda” decine di volte al giorno, forse centinaia. In questi momenti, più di altri, siamo consapevoli che questo vivere è un ineluttabile e costante approssimarsi alla morte ed alla preda non fa alcuna differenza che il suo predatore sia uomo, lupo, falco o serpente. Essa sa che all’interno del cerchio dell’esistenza questo è il suo ruolo e nei momenti in cui si sente preda, deve tenere in massima efficienza le armi cui è stata dotata dalla natura stessa che la circonda; armi a volte rese vane dal lavoro di squadra dei due animali diversi che la stanno stanando. Mai, come nella caccia, viene ben espresso l’esempio di una tendenza all’anelito: tutti attori, tutti comparse, tutti prede e predatori, nessuna differenza tra animali, alberi, acqua e terra; solo piena consapevolezza del proprio ruolo che scorre incessantemente per ognuno di noi dalla notte dei tempi e che non può essere sovvertito da nessuno. E’ in questo rapporto tra animali, compagni di caccia, fatto di sguardi e gesti intelligibili che è racchiuso il segreto di sempre, inafferrabile ma intuibile. L’ultimo respiro della preda è sempre accolto con enorme rispetto dai compagni di caccia. Una rapida occhiata di soddisfazione lascia presto spazio ad un momento di rispetto per il catturato che si esprime attraverso la compassione. Mangeremo però entrambi, e mangeremo quello che ci siamo procurati grazie alla nostra abilità ed all’intesa tra animali diversi. Mi ritengo fortunato condividere emozioni così intense con il mio compagno di caccia, ne vado fiero. Certe volte mi chiedo che vita possa essere quella a fianco di un altro animale senza il rispetto per ciò che è, per le sue passioni e per il suo preciso ruolo all’interno del cerchio di questa esistenza. Percepisco il tentativo di sovvertire questo ruolo, specie quando mi rapporto con gli animali di città. Puzzano di profumo, si lavano troppo, sono cosi lontani da quella scena di caccia che sembrano di un altro pianeta, ignari di quale felicita sia invece custodita in quel magnifico rapporto con un animale diverso che ora, sono sicuro, mi è vicino, uguale, la pensa allo stesso modo.

Dormirò serenamente questa notte! Il mio compagno ha lasciato gli stivali fuori, sul solito posto e questo significa che domani sarà per me e per lui un altro giorno di caccia. E’ notte, dalla mia cuccia vedo le stelle brillare più di prima, dormo stanco ma sereno, nell’attesa dell’alba di domani.

Massimo Zaratin

Tratto dalla rivista filosofica “il covile”

 

 

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