La storia del vecchio pescatore

Chissà quale strada avrebbe imboccato la mia vita se quel giorno non fossi andato sulle sponde di quel torrente che lambiva le ultime campagne strappate alla devastazione industriale degli anni 80. Non mi ero mai spinto fin lassù e quei miei primi 17 anni li avevo passati nella grande città che stava a valle dove solo da qualche angolo di strada non coperta dai muri dei caseggiati si potevano intravvedere scorci di verde in lontananza.

La nostra generazione in quel tempo non se la passava bene anche se i miei genitori mi raccontavano un’altra cosa: mi dicevano che erano gli anni del benessere. Non avevo mai riflettuto su queste cose ma dentro me intuivo che le cose non stessero proprio così come ce le raccontavano. Erano gli anni della droga ed in città spesso si moriva per questa causa. Me ne occupavo poco di queste faccende e sull’onda di quella società che pareva drogata più dal denaro che da quella dose bianca che ottundeva le menti dei fragili ragazzi del "benessere", mi lasciavo anch’io trasportare dal lento fumo di qualche spinello.

Le pause estive favorivano l’ozio e nei caldi pomeriggi di luglio ci si ritrovava con gli amici sui gradini del grande supermercato della città. Quel giorno arrivai prima del solito ma non c’era ancora nessuno. Fu così che decisi di avventurarmi con il motorino fuori città, lassù dove non mi ero mai spinto. Stavo lasciando alle spalle quella grande ed afosa città, la strada si faceva sempre più stretta ed alberata, un colore più intenso e naturale stava prendendo il posto del grigiore vissuto fino a quel momento e mi venne spontaneo rallentare la velocità, non correvo più come in città. Mi fermai affascinato da un piccolo sentiero che portava un po’ più giù, verso un torrente nascosto tra gli alberi. Penetrai in quel silenzio rotto solo dal rumore dello scorrere a valle dell’acqua; non avevo mai sentito e provato quel tipo di pace. Con enorme stupore mi accorsi che un po’ più in la, seduto su un masso, c’era un pescatore che non si girò neanche quando mi avvicinai alle sue spalle, tanto era intento a guardare la punta di quel bastone che teneva in mano. Mi spaventai quando con un colpo della sua mano tirò verso la mia testa quella canna da pesca, estraendo un pesce dal torrente. Si girò mostrandomi un leggero sorriso ma senza guardarmi e mi parlò:

- vedi ragazzo, questo lo ributto perché ne ho già 3 di uguali per la cena, sarebbe sprecato e domani voglio ripescarlo.

Non dissi nulla, non sapevo che dire, mi sembrava tutto così strano ed irreale. Impegnai quel silenzio per riflettere sulla ruvida pelle bruciata di quel vecchio; le rughe che solcavano il viso testimoniavano non solo l’avanzata età ma una vita trascorsa con un senso diverso da quello che ero abituato a vedere in città. Restai fermo immobile, in silenzio alle sue spalle per molto tempo, seduto anch’io su un masso, rullando uno spinello, tanto pensai che quel vecchio non poteva capire. Quel giorno gli chiesi solo dove abitasse ed alzando il braccio verso il sole mi indicò con l’indice una piccola casetta che stava un po’ più su e che non avevo ancora visto perché nascosta dagli alberi.

Il giorno dopo qualcosa mi spinse a ritornare in quel luogo magico. Il vecchio era sempre li ma stavolta il nostro dialogo fu più intenso. Mi raccontò che in quella casetta, dopo la morte della moglie, ci viveva da solo e con quel poco che ancora riusciva a coltivare ed allevare. Pescava per mangiare, ma non solo. Pescava perché quel luogo e quella pace lo aiutavano a passare il tempo e lo avvicinavano, così mi disse, in maniera serena alla morte, al ricongiungimento con sua moglie. Ce l’aveva su con le lavatrici il vecchio, diceva che da quando erano state inventate, e con esse i detersivi, i fiumi non erano più come quelli di una volta.

Rullai il solito spinello e mi imbarazzo moltissimo quando mi chiese perché fumassi quella roba.

- Cosa ti serve? Non ti basta forse questa serenità che ti regala il nostro torrente? Tieni – continuò il vecchio – e mi porse una delle due canne da pesca che aveva con sé. Vedi ragazzo, proseguì il vecchio, ti insegno un segreto: questa è una vecchia canna di bambù tagliata un po’ di più sulla punta. Quando ti senti agitato usa questa perché il pesce ti fa sentire di più la sua forza, ti vibra dentro. Attraverso quel vibrare ti insegna che la sua vita non è meno importante della tua, che ci siamo noi nella stessa misura in cui c’è lui. Ti sta insegnando che bisogna lottare, che non bisogna mai arrendersi. Così feci e come per incanto un pesce abboccò subito. Sentii quelle vibrazioni dentro, tanto che mi scivolò lo spinello dalle mani che prese la via della corrente, verso valle, quasi a significare di lasciare quelle cose alla città perché li non ce n’era bisogno.

Da quel giorno non fumai più ed avevo sostituito i miei momenti di ozio sui gradini del supermercato della città con il torrente ed il vecchio…così per giorni, per settimane, fino a metà settembre quando in città, una mattina, si sparsero le voci che avevano ripescato un cadavere dall'acqua. Mi precipitai in fondo alla strada laddove passava quel “nostro” torrente ma già intuii che si trattava del vecchio. Appresi il giorno dopo dai giornali che aveva avuto un malore mentre era a pesca, e che aveva 92 anni.

Ci volle una settimana per trovare la forza di ritornare su quel masso, lassù sul torrente. Questa volta non ci andai con la serenità di sempre. La velocità che mi abbandonava quando raggiungevo quella stradina stavolta aumentò e quando arrivai su quel masso mi sedetti sul posto che era suo. La vecchia canna di bambù era ancora li, segno che forse non era stato un malore come dicevano, forse il vecchio aveva voluto scendere a valle, forse ha voluto seguire quel pesce che lo faceva vibrare così forte in vita affinché fosse proprio lui a guidarlo fino a sua moglie, forse….

Quella canna di bambù ce l’ho ancora ed ogni tanto su quel masso ci porto a pescare mia figlia alla quale non ho ancora avuto il coraggio di raccontare questa storia.

(Luca, provincia di Torino)

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