Specisti ed antispecisti: una risposta di un nostro lettore

Siamo convinti che per fare una buona filosofia sia necessario un buon dialogo. Se tutte le posizioni concordassero, non esisterebbe neppure la filosofia. Non è la prima volta che in questo sito e sui social collegati a filosofia rurale diamo voce a chi la pensa in maniera diametralmente opposta alla nostra ma si ispira, proprio come noi, ad un dialogo basato sulla tolleranza ed il reciproco rispetto. E’ il caso di Alessio Battistini, medico chirurgo, che risponde, argomentando, un nostro articolo di qualche giorno fa dal titolo “Circo ed animali: il concetto sbagliato degli animalisti”.

Ringraziamo quindi il Dott. Battistini per averci offerto il suo punto di vista; il nostro l’avevamo già espresso in quell’articolo quindi rispondere nuovamente sarebbe superfluo. Ne approfittiamo invece per chiedere al medico, vista appunto la sua professione, in particolare quella che riguarda la branca della chirurgia, e proprio per i concetti antispecisti da lui ben espressi con determinazione nel suo commento, che ne pensa della sperimentazione animale e dell’uso che l’uomo fa degli animali nel campo della medicina in generale. Grazie.

Buona lettura.

"Grazie alla redazione di “Filosofia rurale” per avermi dato l’opportunità di commentare l’articolo “Circo ed animali: il concetto sbagliato degli animalisti”. La premessa dell’articolo impone immediatamente una visione antropocentrica ed “utilitaristica” degli animali nei confronti dell’uomo sulla quale dissento fermamente: è una deriva illuministica francamente superata, in un’epoca in cui si dibatte di diritti animali. Gli animali sono, come tutti noi, terrestri; questa oggi è l’unica premessa accettabile per qualsiasi discorso in tal senso. Non esiste essere vivente che venga al mondo con precise finalità specie-specifiche (maiale = salame per l’uomo, cane = affetto per l’uomo): ogni vita conta in sé. Anche il termine “animalista” è ormai superato: meglio sarebbe utilizzare la dizione “anti-specista”. È inoltre superficiale confondere il problema degli animali nei circhi (l’articolo nello specifico si riferiva a questi) con l’addomesticazione, se non altro perché la stragrande maggioranza degli animali da circo non sono animali domestici (leoni, elefanti, scimmie, orsi). Non ha alcun senso paragonare un animale selvatico con un animale addomesticato la cui vicinanza all’uomo, come nel caso del cane, risale nella storia di millenni. Tra l’altro, il senso etologico dell’addomesticazione non è quello della soddisfazione dei bisogni dell’uomo (o della “nutrizione del nostro spirito”, come riportato nell’articolo), bensì il reciproco aiuto in una forma di scambio (il gatto tiene lontani i topi dal fienile e il contadino gli permette di proteggersi al chiuso, per esempio). Tale reciproco scambio non deriva da un comportamento impositivo di una delle due specie sull’altra, ma da un naturale avvicinamento per finalità di mutuo vantaggio. Questo elemento è del tutto assente nel caso degli animali nei circhi: nessun animale selvatico potrebbe mai trarre vantaggio dall’intrattenimento voluttuario dell’uomo. Vi è poi la domanda che vi ponete del perché “i circhi che detengono animali suscitano dibattiti e polemiche mentre chi detiene qualsiasi altro animale ne risulta addirittura un amante”. Premesso che non concordo sull’automatismo tra amante degli animali e detenzione di un animale (la cronaca è piena di esempi negativi), concordo invece sul fatto che la differenza non è la finalità di lucro: sì, la pet therapy si paga; sì, il giro sul pony si paga; sì, il circo si paga. Certo, ci sarebbe da spendere qualche considerazione anche sullo sfruttamento dell’animale domestico per finalità ludiche umane. Ma senza entrare in questo merito, la differenza, anche piuttosto ovvia, si fonda sulle modalità di addestramento. Nei circhi gli addestramenti si basano su elementi punitivi o torturanti che impongono all’animale un comportamento antinaturale per motivi di sopravvivenza. Nessun orso in natura sarà mai in grado di camminare su due zampe ballando, a meno che un uomo non l’abbia legato al collo impedendogli di appoggiare le zampe anteriori per giorni: solo per non morire strangolato un orso “impara” a reggersi sulle zampe posteriori. Nessun felino in natura si avvicinerebbe mai al fuoco, che incute in questi animali una paura innata, a meno che un uomo non l’abbia costretto a farlo per evitare scudisciate e pungoli elettrici. Si potrebbe proseguire per molto. Non solo: va poi detto che l’animale da circo viene costretto a lunghissime trasferte in gabbie di piccole dimensioni, sottoposto così a stress enormi. Ecco il motivo “che spinge l’uomo a credere che chi detiene un cagnolino in un appartamento […] sia migliore dell’uomo che detiene una tigre in un circo”: ancora non vedete le differenze? Citate anche la castrazione (e, aggiungo io, la sterilizzazione) come elemento di “annullamento biologico” dell’animale domestico. Non mi è chiarissimo cosa intendiate con questo termine (identificate forse l’unico valore biologico nella riproduzione?), ma il discorso in questo caso è davvero molto complesso, anche perché si tratta di una pratica spesso consigliata da veterinari e “animalisti”, come dite voi. La radice del problema è il randagismo, vero rovescio della medaglia dell’addomesticazione. Gli animali randagi che non muoiono di stenti o di incidenti vengono normalmente catturati e uccisi. Si ricorre quindi a una pratica certamente discutibile per limitare il comportamento non proprio consapevole di molti padroni che creerebbe solo cadaveri e sofferenza. Ecco, a questo punto devo soffermarmi su uno dei passaggi più discutibili dell’intero articolo, lo riporto per intero: “Non vogliamo neanche entrare nel merito dell’ignoranza che pervade la questione, perché uno dei casi più emblematici di questo ignorare è il credere che gli animali esotici del circo o degli zoo siano prelevati in natura, non sapendo invece che nascono all’interno di queste strutture, che assumono quindi un valore anche ai fini della conservazione delle specie”. Questo è falso. Benché vi siano animali che nascono in cattività all’interno di strutture come i circhi, la maggior parte degli animali viene catturato in tenera allo stato selvatico, semplicemente perché infinitamente meno costoso rispetto alla predisposizione di adeguate strutture veterinarie di supporto alla maternità e al parto (peraltro eventi rarissimi in cattività). La questione poi del “programma di conservazione della specie” è apertamente un’informazione falsa raccontata dai circensi per mettere a tacere le critiche agli spettacoli con animali: questi programmi esistono ma sono portati avanti in strutture veterinarie avanzate, da professionisti seri e gli animali nati in cattività non vengono comunque quasi mai liberati in natura. Credere a una tale affermazione è ingenuo, superficiale e francamente offensivo per l’intelligenza del lettore: significa credere che persone non addestrate all’assistenza sanitaria agli animali si occupino di programmi di conservazione di specie non a rischio di estinzione per poi far lavorare i piccoli negli spettacoli. Devo proprio aggiungere altro? Riprendendo il filo del vostro articolo, non può non essere commentata anche la vostra digressione sull’invidia dell’uomo nei confronti dell’ammaestratore. Ovviamente i grandi felini ispirano un senso di maestosità e potenza superiore alla puzzola, all’armadillo o al pappagallo ed è proprio per questo che vengono sfruttati dai circhi: fanno una migliore pubblicità. Certo, affermare che “Tenere un gatto non è come tenere una maestosa tigre e chi vive a contatto con quest’ultima dimostra di conoscere veramente gli animali al punto di poterli guidare” è, ancora una volta, superficiale e ingenuo, a meno che per “conoscere veramente gli animali” non intendiate “conoscere i metodi di assoggettamento dell’animale all’uomo”. L’interesse dei bambini per gli animali è innato e sta al genitore insegnare il rispetto per tutte le creature. Non può essere data colpa alla meraviglia dei bambini se nei circhi vengono mantenuti tali spettacoli, perché i bambini sono ignari delle sofferenze che provocano. Il prosieguo dell’articolo vira poi su una serie di considerazioni populiste e demagogiche delle quali mi spiego con difficoltà l’origine e il contesto. Ma perché l’affetto per un animale domestico, ancorché eccessivo, è considerato sbagliato perché dovrebbe essere indirizzato all’uomo? Perché un eccesso di affetto nei confronti di un animale domestico lo snaturerebbe più di un animale in un circo? Sul punto l’articolo continua additando le “maniere cruenti” della castrazione e lo “snaturamento” dei cappottini e della vita in appartamento degli animali domestici. Certo, si fa fatica a comprendere tali affermazioni quando gli animali selvatici nei circhi vengono catturati, torturati e costretti a spettacoli degradanti. Ancora: perché scrivete che una sculacciata sul sedere di un bambino passa inosservata mentre quella ad un cane comporta denunce e condanne? State apertamente confondendo la “sculacciata” con il maltrattamento. Il continuo accostamento della vita degli animali domestici e del problema degli animali nei circhi è insensato anche solo da un punto di vista concettuale. La motivazione, poi, dell’attuale condizione di addomesticazione del cane e del gatto grazie alle virtù di chi in passato ha “utilizzato gli animali” è del tutto errata sotto il profilo storico ed etologico, per quanto già detto precedentemente. Con queste parole si conclude il vostro articolo: “L’invidia, l’apparire e quel senso di unicità trasgressiva che deriva dall’amare qualcuno che non sia un essere umano, ha quindi prodotto un uomo cui convenzionalmente è stato attribuito il termine di animalista che deve dimostrare a se stesso che quel che fa non è assurdo, arrivando pure a non capire che l’animale che detiene è, in libertà e dignità, di molto inferiore a quella di un animale del circo e dello zoo”. Ecco, io credo che non sia possibile commentare questa frase senza ritenervi, delle due l’una: o completamente all’oscuro della realtà dei circhi e in generale delle condizioni di cattività degli animali selvatici (e quindi superficiali), o faziosamente schierati a favore dello sfruttamento animale (e quindi specisti). Preferisco ritenere vera la prima ipotesi, perché chi non sa può sempre informarsi ma lo stupido rimarrà sempre tale.

“Noi non possiamo addurre come scusa l’ignoranza, ma solo l’indifferenza” (J.Safran Foer)."

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