Significato di cultura rurale

  Ludwig Wittgenstein, filosofo del linguaggio, diceva che ogni cosa che può essere detta, può essere detta in modo chiaro. Credo quindi sia arrivato il momento di cominciare a definire, delineare, chiarire, integrare e modellare quel comune sentimento, difficile a spiegarsi in poche parole, ma che sentiamo forte e chiaro dentro di noi quando interloquiamo con persone culturalmente simili a noi. A questo comune sentimento, traducibile anche nella praticità e nella manualità dei nostri lavori e delle nostre passioni, abbiamo dato convenzionalmente il nome di “Cultura Rurale”.    

Ma cosa intendiamo precisamente quando parliamo di difesa e promozione della “Cultura Rurale”?

La cultura, nel senso antropologico del termine e come da definizione dell’Unesco è "una serie di caratteristiche specifiche di una società o di un gruppo sociale in termini spirituali, materiali, intellettuali o emozionali". Ciò significa che un fattore, un sentire e l’azione che ne scaturisce, affinché possa definirsi fenomeno culturale, deve essere condivisa ed apprezzata da un gruppo. Il punto di incontro del gruppo al quale mi sento di appartenere è la manifestazione dei principi e dei valori insiti in chi sa esprimermi il sentimento della “ruralità”. Cultura rurale è quindi l’insieme di tradizioni ed insegnamenti legati al territorio, alla natura e alla vita in generale che attraverso un processo storico ha permesso a quel gruppo di definire il suo mondo particolare, compresa la visione della vita e della morte in senso spirituale. Se la cultura però si traduce in un sistema di valori che la contraddistingue e la fanno vivere significa anche che altri valori differenti, spesse volte antitetici, la possono minare. E’ chiaro che i valori che minano la cultura rurale sono quelli della cultura urbana. Quasi un paradosso per quest’ultima se pensiamo che nel corso degli anni si è trasformata in una feroce predatrice della ruralità. Armi distruttive dagli effetti irreversibili come l’asfalto ed il cemento e l’ancor più terribile arma disgregatrice dell’ideologia animalista sorta proprio tra i muri e le strade di quelle città, hanno contribuito ad indebolire sempre più la preda rurale fino a rischiarne seriamente l’estinzione. Branche della sociologia generale che vanno sotto il nome di “sociologia urbana” e “sociologia rurale” stanno studiando l’interazione umana ed il rapporto con l’ambiente nelle differenti strutture della vita sociale umana. Interessante per queste materie sarebbe il nostro apporto culturale che sa tradursi anche in praticità ed esperienze di vita vissuta. In Italia, purtroppo, a differenza di altre realtà europee che hanno saputo prendere coscienza dell’importanza della vera cultura della terra, insiste un dirompente fenomeno antiruralista mascherato da “neoruralismo”.

La nostra causa, quella della difesa e della promozione della cultura rurale, accolta sicuramente in modo positivo nell’immaginario ideologico di tutti gli italiani, rischia di essere distorta e mal recepita, ovverosia incompresa, sempre per colpa  di quel mostro urbano che si sta ora mascherando da “neoruralista”. Anche tra gli urbani c’è una voglia di campagna, di sano, di aria pulita,  prati verdi e cibi genuini che non trova però corrispondenza nella realtà della ruralità vissuta da tutti noi, a volte anche negativamente sulla nostra pelle. L’uomo moderno rimane imbambolato dai cibi che recano la scritta “biologico” e sente un gran bisogno di vivere in maniera più naturale senza però sapere di cosa si tratta e quindi a sua volta facile preda di profitti ed interessi economici. Questo è l’ennesimo pericolo da affrontare! L’uomo super-moderno, narcisista e consumista ha ideologizzato un “ritorno alla natura” elaborandolo però in maniera distaccata da essa. In nome di una “difesa ambientale” e del “benessere animale” si emanano norme che stritolano la vera ruralità trasformandola ad uso e consumo dell’uomo moderno, cancellando tradizioni e valori e facendo spesse volte un uso turistico della natura. Come possiamo quindi distinguere i valori che sorreggono la vera cultura rurale rispetto a quelli urbani che la minano o da quelli del neoruralismo di matrice metropolitana? Chi di voi si riconosce in questi valori di riferimento?

  • rispetto per l’uomo e per la vita in generale
  • realizzazione interiore attraverso un continuo contatto con la natura
  • rapporto con l’ambiente interagendo attivamente con esso e beneficiando in maniera sempre responsabile dei frutti naturali
  • serenità, ragionevolezza e buon senso nella cura dei propri animali, rispettando sempre la loro naturalità e condizione
  • profonda conoscenza degli animali cui ci si attornia e dell’ambiente che si vive
  • grande amore e fascino nei confronti del mondo animale e vegetale
  • capacità di adattamento e più resistenza al dolore rispetto all’uomo di città
  • tendenza a vivere in maniera più semplice anteponendo valori, principi e tradizioni alla materialità imposta dalla società moderna
  • Tendenza a dare più importanza alla pratica rispetto alla teoria
  • Valorizzazione dei prodotti naturali e preferenza per i cibi procurati o allevati in proprio e contrarietà alla tendenza consumistica degli ipermercati, degli allevamenti intensivi e dei fast food
  • Diffidenza nei confronti della tecnologia
  • maggior consapevolezza del ciclo biologico della vita e visione meno pessimista della morte e della sofferenza in generale.
  • trattazione non ideologica dei problemi ambientali con proposte di soluzione ragionate, responsabili, risolutive e con l’applicazione di criteri scientifici nelle varie scelte.
  • spiritualità più marcata e senso positivo dell’esistenza umana.


Chi, ognuno nelle proprie attività ambientali (agricoltori, cacciatori, pescatori, allevatori, ambientalisti) si riconosce in questi valori, ha il diritto di rivendicarli nei confronti di una cultura urbana che in maniera consapevole o inconsapevole sta distruggendo. Quando gli equilibri erano sapientemente governati da quei valori la natura era, e sarebbe rimasta, integra!

Massimo Zaratin